17 gennaio 2009

Dietro il trasferimento di Mons. Bregantini lo spettro dell’Opus Dei


Mons. Maria Bregantini

"La Chiesa cominci a fare chiarezza sul trasferimento di Mons. Maria Bregantini e sull’Opus Dei. Visto che c’è poco da sperare dal Csm, mi aspetto che almeno la Chiesa faccia luce al suo interno”. Lo ha invocato Gioacchino Genchi, questore aggiunto di Palermo e consulente di Procure di mezza Italia, nell’ambito di un incontro organizzato dall’associazione “Vittime della mafia” in occasione del 16° anniversario della morte di Beppe Alfano, giornalista de “La Sicilia” assassinato quando era a bordo della sua auto l’8 gennaio 1993. “Sarebbe ora che la Chiesa cominciasse a dire la propria – ha esortato - Come ebbe il coraggio di dirla il grande papa che è stato Giovanni Paolo II quando pronunciò ad Agrigento l’anatema (“E Io vi dico: convertitevi, o perirete per sempre”, ndr). Io mi aspetto che la Chiesa cominci a fare un po’ di chiarezza al proprio interno. Cominci a dire cosa sono queste varie associazioni: “Opus Dei”, di cosa si occupano, se si devono occupare di affari civili, se questi affari devono riguardare le banche, le organizzazioni internazionali perché altrimenti ci vengono in mente tante cose. E ci viene in mente – ha continuato l’ex consulente del pubblico ministero Luigi De Magistris, revocato dall’incarico dal Procuratore generale di Catanzaro, Dolcino Favi - un episodio avvenuto in Calabria. Perché tutti parlano di De Magistris, del caso Catanzaro e del caso Salerno, e nessuno ricorda che l’inizio di quelle vicende partì da una denuncia del vescovo di Locri, Giancarlo Maria Bregantini”. Il pastore della diocesi Locri-Gerace , nel corso dei suoi 13 anni vissuti soprattutto tra la gente e i disoccupati della più difficile terra di Calabria, era diventato l’emblema di un nuovo volto della regione, che auspicava un definitivo voltare le spalle alla cultura ‘ndranghetista attraverso un’opera di evangelizzazione che faceva breccia anche presso i familiari dei vari capibastone. Il suo trasferimento, messo in atto dagli alti vertici del Vaticano nei primi giorni di novembre del 2007, suscitò una vera rivolta popolare, ma non ammorbidì la determinata volontà del successore di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI. Il vescovo, secondo le parole del consulente della magistratura, aveva denunciato un sistema corrotto, quello dell’Opus Dei. Un sistema, ha chiosato, “dell’asservimento, della mercificazione umana nel quale venivano tenuti i giovani con due lire in questi corsi di formazione con i quali interropevano gli studi, con i quali gli si dava false aspettative di vita. E si distruggeva, si comprava il loro voto, il loro avvenire, in nome di pseudoprospettive che altro non erano se non disperazione umana, nel nome di qualcosa che persino veniva ammannito sotto la parvenza di qualcosa che rappresentava l’Opus Dei”. Tra Bregantini e Luigi De Magistris c’è stato come un filo, che li ha legati indissolubilmente, fino al trasferimento di entrambi. Il vescovo parlava lo stesso linguaggio del pubblico ministero. La grammatica rispettava la medesima regola: sconfiggere il male cresciuto all’interno delle istituzioni dove operavano, l’uno nella Chiesa, e l’altro nel Palazzo di giustizia. Un filo che li ha guidati verso il medesimo destino, quando furono costretti tutti e due ad abbandonare la Calabria, richiamati dai loro superiori. “Ebbene – ha concluso il questore di Palermo - visto che ormai c’è poco da sperare dal Consiglio superiore della magistratura, e forse anche dalla corrente dell’Associazione nazionale magistrati, mi aspetto che la Chiesa, che il Papa, comincino a fare chiarezza su quel trasferimento, e su quelle che sono state le denuncie che Mons. Bragantini ha lanciato poco prima di essere costretto a lasciare Locri e la Calabria perché era diventato troppo scomodo a chi nella Calabria voleva affermare nel nome di un controllo del voto, di un controllo elettorale, un’egemonia di potere”. Al dibattito, moderato dal giornalista e blogger, Antonio Monteleone, sono intervenuti inoltre Antonio Ingroia, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Sonia Alfano, figlia del giornalista ucciso, Biagio Parmaliana, fratello di Adolfo, suicidatosi lo scorso 2 ottobre perché rinviato a giudizio per diffamazione dopo aver speso la sua vita a sostegno della legalità, la mamma di Attilio Manca, l’urologo trovato morto in circostanze ancora misteriose il 12 febbraio 2004, e Carlo Vulpio, giornalista del Corriere della Sera e scrittore, defenestrato dal suo giornale il 2 dicembre 2008 quando riesplose il “caso De Magistris” con il decreto di sequestro da parte della Procura di Salerno delle inchieste avocate al pm napoletano dalla Procura di Catanzaro.

1 commento:

Unknown ha detto...

Su Opus Dei suggerisco un'inchiesta di Ferruccio Pinotti - Opus Dei segreta, BUR, 2006.