28 gennaio 2011

Le radici di Sersale

L'interno della Chiesa detta del "Cipino vecchio", poco distante da dove fu rivenuta Franceschina Falbo, colpita a morte dal bandito Angelone Schipani Da story

“Mi sento come un albero senza radici. Voglio conoscere da dove vengo, chi sono stati i miei nonni. Come hanno vissuto. Cosa hanno fatto. Solo così posso ritenermi libera”. A parlare è R. Schipani, una signora 52enne che vive in provincia di Arezzo. Ma è calabrese doc, ha abitato a Lamezia Terme fino agli anni ’90 e poi è emigrata. Le sue radici sono trapiantate a Sersale nel catanzarese. Radici di amori e sangue. Una verità cruda, che lei vuole conoscere fino in fondo. Chiede di sapere. Ogni volta che ha domandato gli altri hanno sempre tergiversato. Sono cose che fanno male. Che, però, bisogna avere il coraggio di guardare in faccia perché “fanno parte di noi, belle o brutte che siano”. Un passato che ci ha dato la vita. Ma la libertà, questa no, questa ce la può dare solo la verità.
Sua nonna si chiamava Rosa Scalise. Morta a soli 34 anni nel 1931 dopo aver dato alla luce Carmine e Costanza, quest’ultima aveva solo pochi mesi quando un fulmine la uccise in un castagneto di Sersale. Era mamma anche di un altro bambino, Giuseppe Scalise, a cui avevano dato il suo cognome perché, ancora donzella, era stata rapita. Per tre giorni fu tra le mani di persone senza scrupoli che abusarono di lei. E da quelle violenze nacque Giuseppe. Carmine Schipani, dunque, era figlio di Rosa e di Pasquale Antonio Schipani, suo legittimo sposo, e padre della signora R. Rimasto vedovo, il nonno, non si disperò per l’assenza della consorte, si sposò di nuovo con una ragazza che chiamavano l’Avvelenata. Non ebbe vita facile, Carmine, con il padre e la matrigna. Andò via da Sersale. Durante la seconda guerra mondiale fu fatto prigioniero a Montecassino e poi liberato dagli americani. Ripiegò ancora in Calabria. A Lamezia Terme convolò a nozze con una lametina. E qui visse fino alla morte, sopraggiunta qualche anno fa. Un excursus tormentato e dipanato ex novo. Da Lamezia in poi. Ma Sersale? Le radici stavano lì. Come è possibile che la nonna sia stata trovata legata all’asino per tre giorni? Possibile che ci misero così tanto per trovarla? E come mai poi il padre di lei, Carmine Scalise, chiese allo Schipani il ritorno della dote? Perché non si fidava più di lui? Richiesta che poi venne soddisfatta per sentenza del giudice. Riuscì ad avere tutto indietro. Terreni, casa e soldi, salvo il figlioletto, che rimase con il legittimo padre fino alla fuga. Alla fuga da una vita di stenti. Qualcosa non torna. I due nonni paterni della signora R. nascondono qualche dettaglio. Uno di questi è Nicola Scalise, u Melissarotu, fratello di lei, Rosa Scalise, che negli anni ’40 si macchiò di un terribile fatto di sangue. Insieme al bandito Angelo Schipani, detto Angelone Schipani, rapirono una ragazza, Franceschina Falbo. Uccisero entrambi i genitori e la portarono via. La violentarono per quindici giorni e poi il bandito la finì con due colpi di fucile a Cipi, una località poco lontana dal frantoio del Melissarotu dove si approfittarono di lei. Ad onor di cronaca era sua intenzione consegnarla alla famiglia. Fu la nonna di Nicola a consigliarlo in tal senso perché altrimenti li avrebbe accusati e fatti andare tutti in galera e “tutto – gli disse - per i comodi vostri”. Il ratto e l’assassinio vennero alla luce. E Nicola Scalise fu condannato all’ergastolo. Scontata la pena per buona condotta ora vive da solo a Sersale.
Venne condannato anche il bandito per antonomasia, catturato da Giuseppe Mustari mentre dormiva tra i boschi della Sila. Un gesto eroico, per il quale ricevette una ricompensa di 300 mila lire. Il processo fu un evento, come ricorda Pancrazio Agosto, un arzillo vecchietto che ora vive a Milano, intervistato da Marcello Barberio, e che da piccolo si arrangiava a trovare un tozzo di pane da mangiare insieme al bandito. Anni di carestia. Di stenti. Di ruberie e di sangue. Un processo a cui parteciparono i più grandi avvocati dell’epoca. Uno spaccato di Sila e di sentimenti e istinti ancestrali che non hanno eguali nella storiografia calabrese. Con la comparizione nell'aula del Palazzo di Giustizia anche della baronessa Maglione, Isabella Raito. Racconta Barberio: “Giunta in tribunale elegantemente vestita, a bordo di una carrozza scoperta, negò categoricamente di aver subito violenza carnale la notte del 21 giugno ’49, allorquando fu sequestrata in casa con la servitù e, secondo l’accusa, costretta a servire nuda a tavola il bandito, che in precedenza era stato porcaro alle dipendenze del barone”. Negò, dunque, la nobildonna. E ciò perché, secondo la ricostruzione dello scrittore, il silenzio le consentiva “di arginare in qualche modo la deriva psicologica ed emotiva, derivante da una vicenda violenta, per la quale – senza curiosità alcuna – si era trovata a contatto con una ragnatela sudicia di figure dolenti e volgari, capaci di opacizzare una vita intera e di costringere a una continua vigilanza introspettiva, per ostentare fedeltà alle convenzioni del proprio rango. La donna era stata espropriata della sua identità e costretta a nascondersi dietro lo scherno deformante della maschera della vittima, paradossalmente secondo i nuclei tematici dello schema delle fiabe di magia di Vladimir Ja. Propp”. Il bandito visse il resto della sua vita in gattabuia. Troppo schiaccianti le prove contro di lui, a partire da Franceschina di Sersale e di tante altre, sparse per tutta la provincia catanzarese, Zagarise, Sellia, Sorbo San Basile, Taverna. Morì nel carcere di Catanzaro. Un don Giovanni, poco don e anche poco Giovanni. Uno schipaneddu, un epiteto di quei tempi, coniato ad hoc, memori delle sue imprese, per apostrofare i bambini indisciplinati.
La domanda della signora R. è: “Il bandito Angelone era fratello di mio nonno paterno, Pasquale Antonio”? I dubbi sono legittimi, avrebbe fatto amicizia con Nicola Scalise in quanto fratello della cognata. E forse, se così fosse, anche la storia del fulmine, che costò la vita alla nonna, avrebbe un altro sapore.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

ho letto 3 volte la storia da te racconata, caro emilio, ma purtroppo non ho capito niente!

Anonimo ha detto...

Tranquillo, gentile anonimo, pure io ci ho messo un po' per capirla. La prossima volta andrà meglio. Ci dormi su.
Distinti saluti
eg

xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx ha detto...

una triste storia, questa volta non metto il mio nome, non voglio scriverlo perchè in tanti scriveranno come mai io sono a conoscenza di quello che tu scrivi,non capiranno la frase "che tutte le strade portano a Roma" io questa storia la conoscevo già dal lontano 1960 allora avevo 5 anni, ti posso dire che ho conosciuto qualcuno della famiglia Scalise, una famiglia che abitava a Zagarise, precisamente in via Canonica , venivano da Sersale, lo chiamano "u Melissarotu"
ha avuto due mogli, dalla prima moglia ha avuto alcuni figli tutti emigrati al nord.delle bravissime persone. dalla seconda moglie altri figli alcuni dovrebbero ancora abitare a Zagarise.......i figli dei figli come ben sai per tradizioni si chiamano con i nomi dei nonni e zii. tutti corrispondo all'articolo che hai scritto. appena posso dottor Grimaldi sempre che le potrà interessare le racconterò di persona quello che ricordo.
al signore che ha scritto che non ha capito dico soltanto che la potrà leggere altre cento volte e non la capirà mai, perchè quando legge sicuramente pensa a altro, non me ne voglia.
cordiali saluti

Anonimo ha detto...

in riferimento al primo commento lo trovo troppo complicato l'articolo premetto che ho la licenza media pero' al dott grimaldi potrebbe essere un pochettino piu semplice ne proporci gli articoli (nessuna nota polemica sono un abituale visitatore del blog)

Anonimo ha detto...

ci ho dormito su, ma ancora niente!
sicuramente il problema è mio (chiedo venia anche alla signora xxxxxxxxxxxxxxxx per aver turbato con la mia ignoranza la sua sensibilità).

francesca ha detto...

prova a contare le pecore, forse capirai. sempre che i lupi non mangiano tutte le pecore prima che riesci a capireeeeeeeeeeeeeeee.

Anonimo ha detto...

Buongiorno sono Alessandra Guadagnuolo figlia della signora R.Schipani e quindi nipote di Carmine Schipani....al signore xxxxxxxxxxxxxxxxx che afferma di saperne qualcosa di questa vicenda, sarei grata se ci raccontasse quello di cui è a conoscenza direttamente e noi che siamo, per l'appunto, i diretti interessati! Sa mio nonno a causa di quello che è successo alla madre ha subito una serie di sofferenze che non sto quì ad elencarle e se non fosse per il fatto che tutto questo lo ha portato ad allontanarsi da Sersale, approdare a Lamezia Terme e dare vita a una vasta discendenza della quale gli sono grata, tutta quella sofferenze sarei stata contenta gli fosse stata risparmiata! E'importante per tutti noi sapere la verità e se non ha intenzione di identificarsi può scrivermi anche anonimo al mio indirizzo e-mail eadloe@yahoo.it! LA RINGRAZIO IN ANTICIPO! Alessandra

Anonimo ha detto...

Che storia !

Anonimo ha detto...

al signore che nel 1960 aveva 5 anni e che ha conosciuto la famiglia scalise (melissaroti):sono la signora Rosa ,che si è rivolta al sign.Grimaldi xc mi aiutasse ad avere notizie sui miei nonni paterni,di cui mio papà sapeva poco o nulla (avendo lui 3 anni quando mori' sua mamma,suo padre spari' e non ne volle + più sapere nulla (o almeno questo è quello che gli raccontarono allora i suoi nonni materni.Ma visto le ultime cose scoperte( x puro caso ) ,ho i miei dibbi anche sù questa versione che gli era stata raccontata da nonni.Se sa qualcosa..la prego mi aiuti a far luce su qualcosa che ha fatto tanto soffrire mio papà,e che ha lasciato sempre noi figli con un gran senso di vuoto....grazie...

Anonimo ha detto...

signora Alessandra ho provato tante volte a scrivere alla sua i mail(indirizzo e-mail eadloe@yahoo.it!
ma con esito negativo in quanto la i mail non esiste, se vuole notizie scriva al giornalista che sicuramente ci metterà in contatto.

emilio grimaldi ha detto...

gentile anonimo (a),
l'indirizzo preciso di Alessandra e della madre è
schipanirosa@live.it
un caro saluto
eg