18 maggio 2012

Alberto Cisterna, il Pinocchio della Giustizia italiana

Alberto Cisterna. Caricatura a cura del blogger

Il 3 marzo 2010 Luciano Lo Giudice manda un telegramma ad Alberto Cisterna. “Mi hanno trasferito a Tolmezzo vorrei vedervi al più presto nell’attesa vi mando un abbraccio”. Un abbraccio per suggellare con un contatto corporeo un’amicizia profonda, intima. Così fan tutti. Eppure per il numero due della Direzione nazionale Antimafia l’abbraccio del capocosca era allusivo della sua volontà di consegnarsi alla giustizia. A lui in persona, rappresentante la Giustizia in senso lato e anche circoscritto. Cronaca del trasferimento del magistrato da Reggio Calabria a Tivoli per incompatibilità ambientale, deciso dalla sezione disciplinare del Csm. Cronaca di Cisterna. Cronaca di un giudice particolare. Un giudice Pinocchio. Si fa per dire.
Il Consiglio superiore della Magistratura gli contesta i rapporti personali, che esulano da quelli istituzionali tra un magistrato e un cittadino, a maggior ragione se questo cittadino è stato più volte condannato per reati di mafia. A denunciarlo il fratello di Luciano, Antonino.
Storia di un’amicizia
Il dottor Cisterna conosce Lo Giudice nel 2004 in un rimessaggio di barche. Glielo presenta Antonino Spanò, un amico in comune. Il Lo Giudice, secondo il giudice, all’epoca risultava assolutamente incensurato e manco segnalato negli archivi di polizia. Bugia. La prima di una lunga serie. Era stato già condannato nel 1992 “per aver partecipato ad una associazione per delinquere di stampo mafioso composta dai fratelli maggiori Lo Giudice Domenico, Antonino, Giovanni (oltre ad altri), nonché per estorsione aggravata”. E lui lo sapeva perché fin dal 1996 si occupava di lotta alla criminalità. E conosceva bene i Lo Giudice. Aveva svolto la funzione di gip in un’indagine contro Antonino. E quella di pm contro i fratelli.
La conoscenza è produttiva. Decidono di catturare un pericoloso latitante Pasquale Condello. Così, al chiaro di luna e a pelo d’acqua. Il magistrato lo mette in contatto con uno del Sismi, il colonnello Ferlito. Il momento è importante per la giustizia. Il cui fine giustifica i mezzi. “E’ una prassi costante”, dice. Altra bugia. Sentito il procuratore Grasso, il suo capo, lo smentisce. “Il canale istituzionale in genere è quello della polizia giudiziaria che riceve le notizie, le cosiddette veline dai Servizi, e che poi le valuta per ulteriori attività di riscontro”. Non solo, ma avrebbe dovuto informarlo. E non lo fa. È una storia di amicizia dai vasti orizzonti. Dalle barche a come gestire la lotta alla mafia. Luciano è “un personaggio border-line da un punto di vista informativo”, racconta. Dalla mafia alla caritas cristiana. Lo Giudice ha un figlio malato. E Cisterna si dà da fare per aiutarlo. Non ricorda quando. Peccato, però, che la patologia è posteriore ai contatti avuti con il pericoloso criminale. Peccato, davvero. Quelli telefonici sono una settantina, della durata solo di qualche secondo. In questa frazione infinitesimale di tempo Lo Giudice si sarebbe dilungato nel descrivere al suo Samaritano “dei vistosi miglioramenti della salute del bambino, delle cure a buon esito”. Annota il Csm: “Frequenza e durata compatibili invece con risposte brevi per fissare appuntamenti personali”. Invece.
Il 3 aprile 2005 Luciano viene fermato a bordo della sua Porsche Cayenne dai carabinieri in un posto di blocco. Non vuole avere rogne. E chiama Alberto. Alberto chiama il capitano. Il capitano lo richiama per dargli il numero di cellulare del carabiniere per strada. E gli dice che Luciano è un “confidente”. Suo personale, del giudice. E la Porsche schizza via.
Nel 2009 arriva una lettera alla sede della Dna per Luciano. La mittente è Florinda Giordano, la consorte di Luciano. Per il giudice è andata a finire nella corrispondenza d’ufficio. Non è vero, non rimane traccia nel protocollo. Poi s’incontrano anche dal vivo, la donna e l’uomo. Il  motivo è presto detto: il loro bambino aveva avuto una ricaduta durante l’assenza del padre. C’era da aspettarselo. Poi il telegramma nel marzo del 2010. L’abbraccio ideale con la giustizia. Ma non si era pentito già nel 2005 quando disse al carabiniere che il conducente della Porsche era un suo confidente?
L’amicizia tra i due si rompe. Alberto lo tradisce. E Luciano s’incazza da dentro il carcere. Succede un bordello. Una bomba contro l’abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. E un bazooka contro il capo della Procura Giuseppe Pignatone
Reggio Calabria, lì 26 agosto e 6 ottobre 2010.

2 commenti:

poppy ha detto...

Novità: con decreto monocratico il presidente del TAR del lazio ha sospeso il trasferimento! che schifo. Ma il tar avrà questa competenza?

Anonimo ha detto...

Non è strano che da quando il dott Cisterna è stato indagato per aver preso soldi non se ne è mai parlato?
Si parla solo di rapporti discutibili. Con la menzogna dei soldi si sta procedendo alla eliminazione di un giudice scomodo per tutti e sottolineo tutti visto l'accanimento persino del CSM